martedì 21 ottobre 2025

Il solletico e la coscienza

Il prof. Giorgio Vallortigara, neuroscienziato, in un suo libro e in alcuni video presenti in rete, racconta la questione della doppia provincia dei sensi e il suo legame con la coscienza. Per doppia provincia dei sensi si intende la nostra (e non solo nostra) capacità di percepire due diversi tipi di sensazioni, quelle autoprodotte dai nostri movimenti volontari, e quelle esterne, che non dipendono da noi ma dal mondo esterno. Due esempi sono particolarmente istruttivi.

L'esempio della talpa. Se tocco una talpa con un dito questa si ritrae per paura di un'azione predatoria. Quella stessa sensazione tattile si ripresenta sempre ogni qualvolta la talpa striscia dentro la terra, ma in questo caso non se ne preoccupa. Perché? Come fa a distinguere? La distingue perché nel primo caso la stimolazione tattile è passiva mentre nel secondo caso è provocata dal suo stesso movimento. La talpa distingue tra quel che accade a me e quel che accade al di fuori, nel mondo.

L'esempio del solletico. Normalmente non riusciamo a farci il solletico da soli, per provare il solletico deve essere qualcun altro a farcelo. Ovviamente anche in questo caso la differenza nel nostro comportamento è determinata dalla nostra capacità di distinguere una sensazione provocata da uno stimolo autoindotto rispetto alla stessa sensazione provocata da un agente esterno a noi.

L'ipotesi fisiologica che è stata fatta è che probabilmente quando agiamo mandiamo uno stimolo al sistema nervoso e contemporaneamente un secondo stimolo identico per avvisarlo che la sensazione che stiamo per provare è provocata da noi stessi e non da qualche elemento esterno che non controlliamo. Questo secondo stimolo "annulla" in un certo senso il primo e ci fa capire che la sensazione è causata da noi stessi. Il meccanismo descritto viene chiamato copia efferente. Si tratta più precisamente di una copia interna di un segnale motorio che viene generata dal cervello e inviata al sistema sensoriale. Ciò permette al cervello di confrontare il movimento atteso con il movimento effettivamente prodotto, permettendo di anticipare gli effetti di un'azione, di correggere i movimenti e di distinguere tra percezioni autogenerate e stimoli esterni, rendendo la percezione stabile e coerente.

E' importante anche osservare che alcuni disturbi della schizofrenia potrebbero derivare da un non corretto meccanismo di copia efferente del soggetto, che in certe situazioni non è più in grado di distinguere una stimolazione auto-provocata da una del tutto passiva, cioè non è in grado di distinguere sé stesso dal mondo esterno. In alcuni casi lo schizofrenico può arrivare a non esser capace di distinguere i propri pensieri come prodotti da sé stesso. Alcuni schizofrenici sono in grado di farsi il solletico da soli.

Da qui nasce la distinzione tra creatura intelligente e creatura cosciente. Non è detto che si provi qualcosa ad essere quella creatura, anche in presenza di comportamenti complessi e intelligenti.

Nel caso della nascente IA, possiamo chiederci: in che modo una macchina oltre ad essere intelligente può essere anche cosciente? Evidentemente, per quanto detto, bisogna che questa macchina "abbia un corpo" e che si muova attivamente in un mondo esterno, e che sia capace di distinguere questo mondo esterno da sé stessa. Se si muove nel mondo incontra anche lei il problema della talpa, il problema della doppia provincia dei sensi, il problema della distinzione tra sensazione e percezione.


domenica 12 ottobre 2025

Nobel Prize in Physics 2025

La notizia di questo premio Nobel mi è arrivata dalla pagina Facebook di un professore di Fisica di Roma, ormai in pensione, che seguo sul social. Mi era capitato ai tempi dei miei studi di imbattermi in questo professore, allora piuttosto giovane. Era successo poco dopo la mia laurea, e il mio relatore mi ci fece parlare. Questo professore stava cercando di mettere in piedi una ricerca sperimentale sulle cosiddette giunzioni Josephson, delle giunzioni superconduttive che venivano usate come elemento elettronico di circuiti detti SQUID (Superconducting Quantum Interference Device). L'obiettivo era quello di mettere in evidenza la possibilità di misurare stati quantistici macroscopici, cioè di mostrare che i comportamenti quantistici possono caratterizzare anche oggetti di scala macroscopica. La questione aveva e ha tuttora un certo fascino. Quando è che i sistemi di atomi, in cui funziona bene la meccanica quantistica, diventano sistemi in cui gli effetti quantistici non sono più osservabili e la teoria che funziona bene è la meccanica classica? Quando avviene e come avviene il passaggio dal mondo microscopico al mondo macroscopico?

Io all'epoca non avevo più fiato per andare avanti, né una situazione economica che mi potesse far stare tranquillo. Fui invitato ad una conferenza introduttiva in cui il professore parlava un po' emozionato davanti ad una prima fila di veterani delle teorie quantistiche (in particolare mi ricordo un Marcello Cini un po' scettico sulla questione), mentre io e qualche altro ragazzo stavamo nelle retrovie ad ascoltare. Alla fine non accettai la proposta, anche perché comportava di vincere il dottorato, cosa non facile al primo tentativo (e forse manco al secondo), e io mi ero dato un termine concreto, non me la sentivo di imbarcarmi in una cosa così potenzialmente lunga e incerta. Peccato.

Quando ho letto la notizia del Nobel di quest'anno mi sono accorto che il mio professore quell'idea l'aveva presa da un risultato simile che era già stato raggiunto dai tre scienziati premiati, intorno alla metà degli anni ottanta (pochi anni prima). L'argomento all'epoca evidentemente era ancora più caldo e ambizioso di quanto avessi pensato. Non sono in grado di dire se il mio professore avesse in mente semplicemente di ripetere in modo simile l'esperimento dei tre premi Nobel, ricordo che mi parlava dei circuiti SQUID come di dispositivi dalle promettenti applicazioni pratiche, soprattutto per via della loro capacità di registrare variazioni di campo magnetico estremamente deboli. Per quanto ne so oggi (anche leggendo articoli sui tre Nobel) questi componenti elettronici sono spesso utilizzati per realizzare i prototipi attuali di un certo tipo di computer quantistici.

Grande Fisica! (come diceva spesso il mio simpatico relatore ogni volta che ci veniva bene qualcosa).


domenica 5 ottobre 2025

Jane Goodall

Conoscevo questa scienziata che studiava il comportamento degli scimpanzè da alcuni post incontrati sui social, uno dei quali la mostrava mentre veniva abbracciata da uno scimpanzè che stava per essere liberato nella foresta, e la confondevo ogni tanto con Dian Fossey, che invece studiava i gorilla (famosa pure per un film del 1988, tratto dal suo libro Gorilla nella nebbia). La sua recente scomparsa ha riempito la mia bolla social di post su di lei, e questo mi ha incuriosito. Ho deciso quindi di ascoltare il podcast di Radio3 Scienza uscito all'indomani della morte.

Il podcast, interessantissimo, la presenta come un gigante del pensiero scientifico moderno. Stephen Jay Gould, famoso biologo evoluzionista, considera i suoi lavori tra i più importanti risultati scientifici del XX secolo. Ad esempio la classica scoperta, raccontata in tantissimi documentari sugli animali, che gli scimpanzè sono in grado di usare dei bastoncini per estrarre formiche e termiti dalle loro tane per cibarsene è il risultato delle sue osservazioni. L'importanza di questa scoperta è effettivamente notevole, dal momento che testimonia che gli scimpanzè sono in grado di vedere in un ramoscello un possibile strumento e di modificarlo (togliere le foglie, togliere l'estremità troppo flessibile e leggera) al fine di ricavarne un utensile da poter utilizzare ad uno scopo ben preciso. In pratica questa osservazione dimostra che i primati non umani sono in grado di sviluppare una tecnologia e ci costringe ad ammettere che la costruzione di utensili non può essere considerata una prerogativa dell'uomo, come si pensava prima di questi studi.

Jane Goodall passava lunghi periodi appostandosi immobile sempre nello stesso punto della foresta per farsi accettare dalla comunità degli scimpanzè e poterli osservare indisturbata nei loro comportamenti abituali. Questo studio sistematico ha consentito di vedere analogie tra scimpanzè e umani che fino ad allora erano impensabili. Non solo la produzione di utensili ma anche la capacità di trasmettere ai simili questa abilità, cioè in pratica la capacità di avere una cultura. Anche la scoperta che gruppi di scimpanzè potevano farsi la guerra ce li ha ulteriormente avvicinati (purtroppo).

E' chiaro che questi risultati hanno contribuito anche a modificare il nostro pensiero filosofico sull'uomo e sulla natura, ad aumentare la nostra sensibilità ecologista e ad intendere il concetto di biodiversità come patrimonio, argomenti su cui la Goodall ha speso parecchio del suo tempo soprattutto in vecchiaia, attraverso conferenze tenute con grande frequenza in tutto il mondo che hanno reso la scienziata un'icona dell'etologia e un modello per le generazioni successive.

Una cosa che mi ha colpito riguarda il fatto che Jane Goodall non nasce come accademica, non ha almeno inizialmente una carriera ortodossa, comincia a 26 anni uno studio sistematico delle comunità degli scimpanzè del Parco Nazionale del Gombo in Tanzania senza avere alcun titolo specifico. Questo le ha permesso di avere una visione alternativa e più feconda a quella del mondo accademico dell'epoca, le ha permesso di intraprendere strade differenti e di approdare a nuove conoscenze più facilmente. Una circostanza non così nuova nella storia che secondo me in qualche modo mette in risalto il processo di costruzione della conoscenza tipico del pensiero scientifico. Ad esempio penso a Galilei e ai suoi problemi con il mondo accademico dell'epoca, irrigidito nella filosofia aristotelica e incapace di sottoporla a quell'analisi critica che è sempre la condizione che fa nascere nuova conoscenza.

Ho anche imparato che Goodall era una delle tre scienziate reclutate da Louis Leakey, famoso paleontologo degli anni sessanta, per lo studio del comportamento delle tre più importanti scimmie antropomorfe. Note come le Leakey's Angels, erano Jane Goodall per lo studio degli scimpanzè, Dian Fossey per lo studio dei Gorilla, Birutė Galdikas per lo studio degli Oranghi.