Ho fatto una vacanza in Islanda con un "gruppo scolastico fotografico" (messo tra virgolette perché la fotografia è stata il pretesto della vacanza e non viceversa). Io non ero compreso nel gruppo scolastico ma ho avuto modo in alcuni momenti di riflettere sulla fotografia in generale, come strumento di espressione.
Quello che facevamo, e che solitamente fa chiunque quando sta in vacanza, può essere definita fotografia turistica. L'obiettivo è in genere documentativo, si tratta di "riportare a casa" i posti visitati per averne un ricordo o, dopo l'avvento dei social, esibire i propri viaggi a tutti i propri contatti.
La foto però non è mai un puro e semplice documento oggettivo, e tra l'altro come documento oggettivo è anche piuttosto debole in quanto rappresenta una minima parte dell'esperienza vissuta (anche se spesso può rievocarla in modo abbastanza soddisfacente). Questo è anche il motivo per cui sfogliando le foto di vacanze sui social tutto quello che vediamo ci comunica delle vacanze praticamente perfette, una realtà che sappiamo bene non esistere.
La potenza espressiva della fotografia consiste probabilmente nella sua capacità di creare una realtà, di evocare stati d'animo o trovare una sintesi di una situazione attraverso le limitazioni imposte da un'immagine statica, in linea con l'idea generale che l'espressione artistica abbia sempre bisogno di muoversi all'interno di precisi vincoli. In altre parole una fotografia è di per sé una realtà che ci comunica qualcosa, e in questo senso si sottrae almeno in parte alla realtà più estesa a cui attinge e di cui non rappresenta mai un semplice documento.
Nondimeno il mezzo tecnico fotografico ha la capacità di "catturare" una scena reale, di documentare un evento. In questo senso la fotografia si lega ad una realtà più di una qualunque altra forma di sintesi di immagini, da quelle più tradizionali a quelle più recenti e tecnologicamente avanzate.
Quindi la fotografia mette insieme la documentazione della realtà e la creazione di una realtà, peraltro legandole sempre in modo indissolubile e non rendendo mai troppo chiaro il passaggio dall'una all'altra. Se si guarda una qualunque fotografia bisognerebbe sempre tenere presente la sua capacità intrinseca di far convivere queste due cose, anche indipendentemente dalla volontà del suo autore.
Mi rendo conto che questo vale in modo analogo anche per diversi altri mezzi espressivi, o forse per tutti i mezzi di comunicazione. Forse sto parlando più in generale del difficile rapporto tra la realtà e le rappresentazioni che ne facciamo, che non coincidono mai la realtà stessa.