giovedì 27 aprile 2023

Antifascismo, e poi?

Breve commento cinico alle innumerevoli discussioni di questi giorni intorno al 25 aprile e all'antifascismo.

Mi è molto chiaro come la questione dell'antifascismo sia sempre stata e sia tutt'ora un grave problema per la destra italiana. L'incapacità di liberarsi da questa matrice storica inaccettabile compromette seriamente la credibilità della destra nel nostro paese. Ed è anche molto chiaro che prendere le distanze in modo inequivocabile e definitivo da questa matrice per quanto risulterebbe una cosa necessaria sarebbe un passo per molti aspetti sconveniente, sia per la qualità di molti politici di destra che per quella di buona parte del suo elettorato. Questa impresentabile caratteristica rimarrà probabilmente a lungo sullo sfondo delle politiche di destra, e continuerà a compromettere la normale dialettica democratica, c'è poco da fare.

Quello che osservo con un certo cinismo, ma che purtroppo mi sembra altrettanto chiaro, è che l'antifascismo, per quanto un valore importante e fondativo della nostra Repubblica, è anche un po' il "giocarello" della sinistra italiana (questa forse è un po' cattiva), l'unico elemento identificativo forte che almeno una volta all'anno cementa questa forza politica. Ma nel resto dell'anno? Ok, la sinistra italiana è antifascista, ma in fondo non è la sua cifra distintiva dal momento che antifascista dovrebbe esserlo qualunque forza politica italiana che si muova all'interno dei principi della costituzione. L'argomento antifascismo rischierà col tempo di trasformarsi in una contrapposizione retorica inutile e sempre meno concreta (un vero peccato), soprattutto per le nuove generazioni sulle quali incide negativamente la distanza storica dai fatti. Una contrapposizione che finisce per oscurare tutto il resto, tutto quello su cui si dovrebbe discutere (e agire) e su cui la sinistra dovrebbe distinguersi.

La sinistra è antifascista. Ma poi? Che altro è?


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