martedì 24 maggio 2022

Il problema ecologico tra animismo e razionalismo

Il problema ecologico dovrà trovare delle soluzioni efficaci in ambito scientifico e tecnologico. Occorrerà saper misurare in maniera sempre più esatta l'impatto ambientale dei nostri consumi energetici, dei nostri processi industriali e anche delle nostre abitudini di vita, in particolare dei nostri livelli di consumo, della produzione di inquinamento nelle sue varie forme inclusa la produzione di rifiuti. Occorrerà escogitare tecnologie che intervengano in tutti questi settori della vita sociale per ridurre al massimo l'impatto negativo che stiamo producendo sull'intero ecosistema. Non ultima, e forse la cosa più importante perché collega con un unico filo rosso tutte le altre, dovremo probabilmente correggere per non dire riformulare i nostri sistemi economici decisamente troppo liberisti e iniqui. E' evidente che stiamo creando pesanti disequilibri sia nell'ambiente che ci consente la sopravvivenza sia nelle nostre società che ci consentono la pacifica convivenza, ed è anche evidente che questi due disequilibri sono collegati in qualche modo tra loro.

Le trasformazioni richieste da obiettivi del genere sono molto pesanti, e servono politiche molto audaci per produrle e renderle tollerabili. Il motore di queste grandi trasformazioni, che coinvolgono necessariamente tutti i livelli della società, dovrebbe essere anche culturale. Questo rende tutto molto più difficile. E' una nuova visione del mondo quella che dovrebbe emergere nelle società del futuro. Proprio per questo motivo mi ha colpito e mi è rimasta in memoria una considerazione percepita distrattamente alla radio qualche tempo fa. Secondo le voci dialoganti in radio in quel momento sarebbe necessaria una visione più religiosa del mondo, ma non religiosa in senso Cattolico, anzi, forse questa andrebbe nella direzione opposta a quella voluta. Occorrerebbe una visione religiosa di tipo animista. Quell'atteggiamento cioè che vede la sacralità in tutti gli elementi naturali in cui la vita dell'uomo è fatalmente immersa. Opposta al nostro usuale modo di vedere la natura come l'oggetto passivo delle nostre illimitate manipolazioni, tutte legittime anche se drammaticamente invasive. Ovviamente tra gli elementi sacri della natura ci sarebbe proprio l'uomo, non però come essere eletto, espressione di un altro mondo non naturale e per il quale il mondo naturale è stato fatto, ma come espressione di questo mondo.

Questo però a mio avviso sarebbe solo una parte dell'atteggiamento culturale giusto per affrontare i problemi ambientali che abbiamo di fronte a noi. A questa andrebbe unita la parte razionalista, quella che consentirebbe di risolvere quegli stessi problemi con l'uso di tutto quello che abbiamo capito, che abbiamo costruito e che abbiamo imparato ad usare nella nostra breve storia di specie intelligente.

Parafrasando quello che Stephen Jay Gould scriveva nel prologo del suo libro Bravo Brontosauro (che però in quel caso si riferiva specificatamente agli stili con cui la divulgazione scientifica descrive la storia naturale) si potrebbe dire che il nostro rapporto con la natura dovrebbe scaturire da una giusta combinazione di due atteggiamenti apparentemente antitetici, quello francescano o di tipo diretto, intuitivo, estetico, religioso, e quello galileiano o razionalista. Il primo è "poesia della natura, esaltazione della bellezza organica". Il secondo "trae piacere dagli enigmi intellettuali della natura e dalla ricerca della spiegazione e della comprensione". E come dice Gould entrambi alla fine ricercano una unità con la natura. L'equilibrio tra questi due modi di rapportarci col mondo naturale potrebbe aiutarci a trovare le strategie giuste per preservarlo. O meglio, per preservarci in esso.


Nessun commento: