giovedì 31 dicembre 2015

Fantozzi

I quarant'anni di Fantozzi (1975-2015) non mi hanno lasciato indifferente in quanto quarant'anni fa il suo romanzo fu per me un'esperienza particolare. All'epoca giravano i classici della letteratura per ragazzi: Salgari, Verne, London, Stevenson, ecc. Ottima letteratura per ragazzi (che oggi non si pratica quasi più), certamente migliore di quella di Fantozzi. Però la lettura di quel libro (forse proprio per contrasto con quello che avevo letto fino ad allora) fu particolarmente divertente e in definitiva indimenticabile.

Le disavventure surreali del rag. Ugo Fantozzi erano in sé molto semplici, anche tutte molto brevi e ben poco articolate (quindi adatte alla lettura di un bambino), ma era il modo in cui venivano raccontate a colpirmi. Era proprio il linguaggio usato ad avere su di me gli effetti più spiazzanti e quindi comici. Lo dimostra il fatto che in poco tempo avevo assorbito certe espressioni e le usavo continuamente. Il merito dei film (che uscirono in quel periodo e che furono la vera fortuna del personaggio, ma che io vidi in tv solo qualche anno più tardi) fu anche il fatto di cercare di conservare questa peculiarità dei romanzi, utilizzando a volte una voce narrante fuori campo.

L'anniversario lo festeggio in extremis con questo post raccontando una curiosità che a me colpì abbastanza quando la scoprii non molto tempo fa rileggendo qua e là qualche episodio dei romanzi (è una trilogia) in una edizione acquistata di recente per nostalgia.

L'episodio "fantozziano" per eccellenza, quello che credo si citi più spesso quando si parla di Fantozzi (il film), è quello de "La Corazzata Potemkin". Si tratta di un racconto contenuto nel secondo libro ("Il secondo tragico libro di Fantozzi") che non ha certo l'ampiezza e l'importanza che poi ha assunto nel film. La cosa più singolare è che il senso dell'episodio raccontato nel libro è completamente scomparso nel film. Nel film gli impiegati vengono come al solito vessati dal megapresidente che impone ferocemente le sue fissazioni, in questo caso il "cinema d'autore". Ma nel libro questo contesto non c'è, anzi non esiste proprio l'idea del tragico ambiente "impiegatizio".

Nell'episodio del libro Fantozzi è semplicemente uno che lavora in una cittadina di media grandezza, ma con dimensioni provinciali, con questa sinistra caratteristica: non si scopa mai! Poiché le serate passavano sempre in bianco e scopavano sempre "gli altri" Fantozzi alla fine crolla sulla grande valvola di sicurezza di tutti i paraintellettuali: le serate d'impegno. Si è così trasformato in un intellettuale di sinistra e ha cominciato a frequentare una cineteca.

Un intellettuale di sinistra (siamo negli anni settanta) ha ovviamente la barba, quindi anche Fantozzi. E tutti i sabati sera entra puntuale alle 21 in cineteca insieme a tutte le altre "barbe". Una "barba" domandava alla maschera con una punta di speranza (le barbe sperano sempre in "Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno" o "Mazzabubù ... quante corna stanno quaggiù" con Ciccio e Franco): "Scusi, che danno stasera?". E la maschera implacabile e con voce sarcastica: "La corazzata Potemkin, del grande maestro Sergej M. Ejzenstejn". Qui le barbe hanno un piccolo sbandamento, ma entrano con sguardo duro e risoluto.

Ovviamente la serata non si esaurisce con la visione del film ma con la tragedia del dibattito. Comincia la parte più stimolante ed esaltante della serata: il dibattito! Si alza un tipo di santone con barba e baffi da superintellettuale, sguardo illuminato da una luce interiore, ma in realtà illuminato dalla follia e dalla voglia frustrante di una serata normale a vedere Buzzanca con una bella ragazza appoggiata alla spalla. Qui compaiono quelle frasi storiche sulla Corazzata Potemkin: "... l'occhio della madre ... la carrozzella che scende la scalinata ...". E poi altre espressioni altrettanto famose (usate più o meno anche nel film): "[...] rassegna di film cecoslovacchi con sottotitoli in tedesco!", "Era stato programmato L'infanzia di Ivan: nove tempi!".

Il finale è tutto costruito attorno alla famosissima battuta di Fantozzi utilizzata con grande efficacia anche nel film. Si fa nella sala un grande silenzio, assoluto, magico. Da fondosala Fantozzi alzò il pollice della mano destra e disse timidamente: "Scusi, posso dire una cosa io?", "Prego caro ... finalmente uno nuovo ... venghi" (i santoni cadono sui verbi!). Fantozzi attraversò in un clima di grande suspense la sala, arrivò al microfono, si schiarì la voce e disse: "Per me La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!". Novantadue minuti di applausi! Era un applauso liberatorio con urla di gioia. Uscirono allora tutti come liberati da un incubo e raggiunsero la "maggioranza silenziosa" e alcuni del "blocco d'ordine" che, mangiando cioccolato e gelati, si gustavano l'ultimo film della Antonelli! Fantozzi poi era felice perchè il sabato dopo avrebbe visto il festival di San Remo.

Il Fantozzi che ci è rimasto dopo quarant'anni (anche in seguito all'abuso che ne è stato fatto nei film successivi) mi appare un po' spogliato di alcuni elementi che contribuivano a farne un personaggio di critica della società piccolo borghese dell'epoca. Questo lo ha trasfigurato in un personaggio comico più semplice e per questo più universale.

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