sabato 5 settembre 2015

Nativi digitali

Credo di aver capito un po' meglio il senso dell'espressione "nativo digitale" o se vogliamo la sua importanza. Fino a questo momento penso di averla un po' fraintesa. Si usa ormai molto frequentemente come appellativo per le nuove generazioni, ovvero per tutti quegli individui che sono nati dopo l'ondata della diffusione dei computer domestici, avvenuta soprattutto nella seconda metà degli anni novanta, parallelamente alla diffusione del web, o addirittura dopo l'ondata degli smartphones. Sono nativi digitali tutti coloro che hanno avuto a che fare con i potenti dispositivi tecnologici di calcolo attuali fin dalla nascita. Che non hanno visto trasformarsi le loro vite dall'avvento dei computers e di internet perchè quando questo succedeva loro ancora non c'erano. Che non hanno dovuto fare i conti con dispositivi mai visti prima, perchè per loro non c'è stato un prima. Non hanno potuto essere nè entusiasti sostenitori della rivoluzione digitale nascente nè infastiditi spettatori succubi. Ci sono semplicemente nati dentro.

Questa espressione però è spesso associata alle abilità istintive che hanno  le nuove generazioni nell'utilizzo dei nuovi dispositivi, alla loro capacità di muoversi bene nelle nuove tecnologie, di trovarsi a loro agio con esse, di saperle gestire bene, in modo quasi innato, naturale. Di capirle. Ma tutto questo in parte è ovvio, banale, e in parte è semplicemente falso.

Posso anche capire il padre sorpreso e commosso nel vedere il proprio figlio di due anni che "sfoglia" tranquillamente le foto del touch screen del tablet, ma si tratta di un'azione che fa pure una scimmia, siamo noi che la interpretiamo come un'azione evoluta in quanto la associamo ad uno strumento evoluto (ma uno strumento tecnologicamente avanzato, proprio perché è tale, può essere utilizzato da chiunque). Ovviamente quello stesso innocente bambino fa esattamente la stessa cosa sullo schermo del televisore o su qualunque superficie che mostri un'immagine.

Posso capire quel misto di ammirazione e timore che i genitori provano per i propri figli adolescenti vedendoli whatsappare freneticamente come loro non sapranno mai fare, vuoi perchè non sanno muoversi velocemente su una tastiera di uno smartphone, vuoi perchè non sanno proprio che scrivere. Ma a parte il mero utilizzo del dispositivo l'ignoranza di fronte alla tecnologia è esattamente la stessa. La differenza è che per un genitore questo può essere motivo di timore in quanto rappresenta un'ulteriore perdita di controllo nei confronti dei figli e di quello che fanno, mentre per questi ultimi è semplicemente una figata.

Insomma se il termine nativo digitale si riferisce (come spesso mi sembra che faccia) semplicemente alle migliori attitudini che hanno le nuove generazioni ad essere utilizzatori finali della tecnologia la cosa mi appare del tutto ovvia e poco interessante. Certamente questo termine non si riferisce al grado di consapevolezza della tecnologia in uso, e non vedo come potrebbe. Le nuove generazioni da sempre non capiscono la tecnologia preesistente, la danno per scontata. Mio padre e mio zio hanno costruito un televisore, io ho sempre e solo fatto zapping. Quando un nativo digitale è infastidito perchè scopre che dove si trova "non c'è campo" non ha la più pallida idea di cosa stia dicendo. I nostri ragazzi utilizzano quotidianamente e per i più svariati motivi sistemi di calcolo programmabili eppure la stragrande maggioranza di loro non solo non scriverà mai una sola riga di codice (come invece è capitato di fare a noi, e ben prima che per alcuni di noi certe attività "ludiche" diventassero parte della professione) ma probabilmente non avrà mai molto chiaro neanche il concetto di calcolatore programmabile (quest'ultima però la definirei una lacuna culturale piuttosto grave, soprattutto nel nostro mondo).

Ma allora il termine nativo digitale può avere un significato non solo banale? Può avere senso utilizzarlo in modo interessante? Forse si. La vera grande novità culturale dei nostri tempi, ovviamente legata in modo stretto alla rivoluzione digitale, è l'accesso all'informazione. Questo aspetto da solo determina secondo me una società profondamente diversa che i nativi digitali ereditano dalla generazione precedente. E non tutte le conseguenze di questo sono immediatamente positive e ben gestibili. Le nuove generazioni, probabilmente molto più di noi oggi, avranno a che fare con l'enorme quantità di informazione sempre crescente che nessun cervello umano potrà mai pensare di processare e su cui sarà sempre più difficile potersi orientare. Una nuova forma di inquinamento, nata da una nuova grande rivoluzione tecnologica. I nativi digitali saranno le prime generazioni ad avere seriamente a che fare con le grandi potenzialità e i grandi rischi della nuova società digitale, che li obbligherà senz'altro a definire nuovi strumenti, nuove tecniche di elaborazione e di analisi, nuove linee di ricerca, nuove modalità di approccio praticamente in tutte le discipline. Nuove idee. I nativi digitali di oggi sono forse la prima generazione di una società molto diversa.

La rivoluzione è appena cominciata.


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