domenica 6 aprile 2014

Una chiacchierata tra fisici

Oggi ho incontrato un fisico. Uno che come me pur studiando tanto, con convinzione e con serietà, non ha trasformato la fisica in una professione. Uno che come me la professione se l'è dovuta cercare altrove. Capita in questo campo (come in molti altri) e non c'è da meravigliarsi. Inutile alla fine tornare per l'ennesima volta sulle ragioni che ci hanno allontanato dalla fisica professionale o più precisamente che non ci hanno mai permesso veramente di entrarci, ragioni oggettive e forse ancora un po' dolenti, a cui si intrecciano quelle personali dovute alle contingenze delle nostre vite.

Quello che mi ha colpito (ma forse neanche qui c'è molto da meravigliarsi) è la constatazione di quanto la fisica non ci abbia mai veramente abbandonati, nel senso che sembra giocare il ruolo di una vecchia passione che riesce ancora in certe occasioni a "smuovere la pancia". L'occasione è stata semplicemente quella di raccontarci per sommi capi quello di cui all'epoca ci occupavamo, ma è risultata sufficiente per portarci rapidamente a fare considerazioni di una qualche profondità sulla scienza. Una cosa che solo due appassionati possono fare in così breve tempo e in una cornice così occasionale come una festa di compleanno.

Non so come si chiama ma so che si è occupato di teoria delle stringhe, quella che per anni ha rappresentato un po' la via maestra al sacro graal della fisica fondamentale: l'unificazione delle forze. Oggi non sembra essere più così, o almeno non è più così scontato. Per quello che ne so ci sono tuttora molti gruppi di ricerca al mondo che ancora se ne occupano ma certamente non è più così "di moda". La sensazione (corroborata da qualche lettura) è che molti stiano riciclando i potenti strumenti matematici e le tecniche teoriche sviluppate per questa teoria in altri ambiti della fisica (come dice Carlo Rovelli  "La fisica teorica è come il maiale: non si butta via niente").

La ragione forse più importante per cui una teoria che ha assorbito così tante menti per così tanto tempo si sta probabilmente arenando è "banalmente" che non ha mai avuto nessun vero riscontro sperimentale, nessun esperimento che ne indicasse chiaramente la validità o che potesse dare una direzione d'indagine. Dalla teoria sembrano uscir fuori un numero sterminato di soluzioni diverse, tutte ugualmente ammissibili in assenza di eventi sperimentali discriminanti. La supersimmetria, altro grande filone teorico della fisica delle particelle, sembra fare la stessa fine. L'esperimento LHC, così osannato per aver trovato il famoso bosone di Higgs, di fatto non ha trovato nient'altro.

Ecco le considerazioni profonde (potrebbero far ridere ma alla fine hanno un grande fascino): a che punto siamo? Che momento storico è questo? Di cosa c'è bisogno? Come funziona la scienza? Come e in che condizioni può fare dei decisivi passi avanti? La costruzione di teorie sempre più complesse, generali e comprensive ma che non riescono ad avere un rapporto con i fatti sperimentali dove portano? E' conoscenza? Ha senso immaginare con teorie sempre più potenti, risultate da elaborazioni sempre più complesse di ipotesi sostanzialmente non verificabili, quello che poi opportuni esperimenti ci dovrebbero meramente confermare? O non è forse alla fine necessario avere risultati sperimentali nuovi, chiari, contraddittori con le teorie ufficiali e che per questo ci possano indicare direzioni nuove? Chi può guidare la nostra immaginazione se non la natura stessa? Non è forse successo proprio questo con le due ultime grandi rivoluzioni concettuali della fisica: la relatività generale e la meccanica quantistica? Non è stato un quadro fenomenologico sostanzialmente nuovo e non-interpretato dalle teorie classiche a scatenare la creatività dei grandi scienziati della generazione del primo novecento? Non è poi questa la sostanza della scienza galileiana?

Immaginare e osservare, osservare e immaginare. Nella dialettica tra immaginazione e osservazione sta il motore più potente per costruire la nostra conoscenza del mondo.

Bene, è stata una bella chiacchierata. Beviamoci sopra.

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