domenica 13 ottobre 2013

Frequentazioni utili

Trovo sempre utile parlare con gli insegnanti, probabilmente perché mi interessano i loro argomenti. Ultimamente in una breve discussione con loro mi ha colpito un'affermazione su come si insegna la matematica in certi tipi di scuole secondarie, molto netta (e per questo mi ha colpito) ma riportata da addetti ai lavori di cui non ho motivo di dubitare. Pare che i programmi di matematica per alcuni licei (tra quelli nuovi tirati fuori dall'ultima riforma) debbano essere svolti escludendo sistematicamente tutte le dimostrazioni delle affermazioni che si insegnano. Inquietante.

Beninteso, molte dimostrazioni, specialmente quelle di carattere troppo tecnico, sarebbero un inutile appesantimento al programma e credo anche che nell'insegnamento della matematica si debba prevalentemente far leva sull'immaginazione e sull'intuito, capacità fondamentali per questa disciplina (come per tutte le discipline scientifiche). Ma l'esclusione sistematica dei procedimenti dimostrativi toglie un pezzo sostanziale allo studio, conducendo facilmente (e pericolosamente) al rischio di ridurre tutto a nozioni disconnesse, regolette mnemoniche e algoritmi per svolgere esercizi. Affrontare qualche dimostrazione (e ce ne sono di semplici, belle e non tecniche) fa capire nell'unico modo efficacie possibile come si combinano l'intuito e l'immaginazione con i vincoli del procedimento logico-deduttivo, un rapporto fecondo tra capacità essenziali della mente umana da cui scaturisce tutto lo sviluppo della matematica.

Ne va della comprensione della matematica come "fatto di cultura", cruciale nella formazione di uno studente. A questo proposito nell'ambito della stessa discussione è stato fatto un esempio significativo, che mi pare si colleghi in modo quasi immediato al pericolo appena paventato. Le stesse persone che si dimostrano in grado di risolvere equazioni algebriche ed eseguire studi di funzione rispondono in modo inesatto (in una buona percentuale di casi) a questioni tipo: "dato un numero di dieci cifre indicare la posizione delle decine di migliaia". Detto così risulta una cosa sconcertante (e magari, spero, è stata portata come un esempio un po' forzato) ma ribadisce in modo chiaro il pericolo di trasformare studenti di matematica della scuola secondaria in meri esecutori di algoritmi (in un'era, peraltro, dominata dall'informatica!).

Il rischio, forse troppo apocalittico ma non del tutto campato in aria, è quello di costruire nel tempo una società in cui scompaiono progressivamente le conoscenze matematiche dalla cultura media delle persone a fronte di una loro concentrazione in un ristretto ambito di specialisti. Sapendo quanto queste conoscenze risultino cruciali per una società tecnologicamente avanzata, la cosa mi provoca una certa inquietudine.

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