sabato 25 agosto 2012

Il Modulor di Le Corbusier


Sulla facciata dell'Unité d'Habitation di Marsiglia è raffigurata una sagoma umana, gambe leggermente divaricate e braccio destro alzato sopra la testa. Al suo fianco una serie di tacche non equidistanti lungo tutta la sua altezza. Nessun commento. Il fatto che quella sagoma l'abbia voluta lì proprio Le Corbusier e che non sia accompagnata da nessun tipo di spiegazione desta ovviamente molta curiosità. Entrando dentro l'edificio e raggiungendo il piano dei servizi si incontra di nuovo, questa volta un po' più dettagliata, un pannello laterale ne fornisce una descrizione (in francese) e le dà un nome: Modulor.

Le cose che si capiscono sono sostanzialmente due:
1. la sagoma umana è stata suddivisa in una serie di altezze tramite l'utilizzo della sezione aurea.
2. da queste altezze Le Corbusier si è ricavato le dimensioni di tutto quello che progettava nell'edificio, dalle scale, ai soffitti, alle porte, le sedie, i tavoli, i piani di appoggio, ecc.

L'intento è quello di progettare ambienti a misura d'uomo, ergonomici, utilizzando fondamentalmente le misure naturali del suo corpo. L'idea è indubbiamente affascinante, fosse solo per il fatto che in tal modo si capisce bene che la progettazione architettonica ha un unico principio informatore, quello di creare uno spazio funzionale alla vita delle persone, funzionale in senso strettamente geometrico. Anche se a me sembra che proprio a causa di questo senso così "stretto" l'opera alla fine rischi di mostrare delle limitazioni (ma la questione del rapporto tra limitazioni autoimposte e l'espressione artistica è argomento complesso).

C'è qualcosa che però non mi torna in questo Modulor. In particolare mi incuriosisce come siano state ottenute le suddivisioni della sagoma del corpo umano, che a prima vista non sembra molto chiaro. Cerco di indagare e arrivo più o meno a queste conclusioni:
1. l'ombelico divide esattamente in due la sagoma, intesa dai piedi alla punta della mano del braccio alzato.
2. la metà che va dall'ombelico alla punta della mano è ulteriormente suddivisa in due parti dalla sommità della testa, questa volta non si tratta di due parti uguali ma di una suddivisione in "media ed estrema ragione", cioè di una sezione aurea.
3. la metà che va dai piedi all'ombelico risulta essere la somma dei due segmenti più piccoli (principio costruttivo della serie di Fibonacci) e presa insieme al segmento intermedio costituisce con esso un'altra sezione aurea (la sezione aurea ha delle proprietà veramente divertenti).

Ad essere onesti il Modulor sembra essere più una sagoma costruita su queste proporzioni e che incidentalmente somiglia anche ad un uomo...

Fin qui i segmenti ottenuti sono solo tre, e le misure di cui ha bisogno Le Corbusier per progettare tutti gli ambienti sono sicuramente molte di più. Dunque occorre inventarsi un modo per procurarsele. L'architetto procede grosso modo così:
1. considera la prima metà della sagoma umana (quella che va dai piedi all'ombelico) e usa la sezione aurea per suddividerla in modo iterativo (prende la sezione dell'intero segmento, poi considera la parte più grande ottenuta e la seziona nuovamente, e così via)
2. considera tutta la lunghezza della sagoma e la sottopone allo stesso procedimento iterativo
3. disegna insieme (affiancate) le due serie, assegna ad una il colore rosso e all'altra il colore blu.

Ma perchè fa questa cosa? Perchè questa e non un'altra? Tutte queste altezze non sembrano corrispondere a niente di preciso sulla sagoma umana disegnata a fianco. Se volessi progettare gli ambienti con criteri ergonomici questa potrebbe essere una soluzione ragionevole? Se volessi progettare ambienti geometricamente funzionali alla figura umana utilizzerei dei segmenti ricavati in questo modo?

Due ulteriori osservazioni sembrano portare su una strada un po' diversa. La prima è che su uno dei pannelli informativi trovati all'interno dell'edificio è riprodotta una foto che ritrae Le Corbusier insieme ad Einstein. All'epoca (anni quaranta/cinquanta) credo che molti intellettuali siano andati a Princeton a farsi fotografare con Einstein. Ma perchè lo ha fatto Le Corbusier? E perchè soprattutto viene riportata quella fotografia in un pannello che descrive il Modulor? La seconda è che su Internet scopro che Le Corbusier ha pubblicato ben due lavori teorici sul Modulor (che purtroppo non si scaricano liberamente) e in un documento che li commenta trovo la seguente frase, tratta proprio da uno di questi lavori: "Mathematics is the majestic structure conceived by man to grant him comprehension of the universe".

Insomma è abbastanza chiaro che quest'oggetto non sia tanto uno strumento di progettazione, per questo scopo appare anche piuttosto discutibile. Se volessi fare una progettazione con criteri ergonomici partirei forse da considerazioni un po' meno astratte. Peraltro se non ho capito male il suo stesso autore ha usato questo modello in non più di un paio di occasioni, successivamente lo ha abbandonato. Credo che il Modulor sia di per sè espressione di qualcosa. O almeno un tentativo.

Immagino che Le Corbusier avesse "le antenne" per captare la cultura del suo tempo. Forse aveva intuito le grandi potenzialità dell'indagine scientifica sul mondo e dei suoi strumenti specifici (la matematica in particolare) e avrà voluto fare un tentativo, a me pare ingenuo ma significativo, di trasportarli in altri ambiti della cultura umana.

2 commenti:

Andrea C ha detto...

Uno dei tuoi post più interessanti !

Rodolfo Trippetti ha detto...

Grazie!