venerdì 10 febbraio 2012

Comma

Le mie prime lezioni di musica le presi tanti anni fa da un conoscente di famiglia. Io volevo studiare pianoforte e lui mi avrebbe dato le prime lezioni di teoria e qualche lezione di strumento, visto che aveva un pianoforte in casa.

Ma lui era un violinista. A parte il suo invito una volta a provare il suo strumento, e la conseguente mia frustrazione nel constatare che non riuscivo in nessun modo a tirar fuori una nota pulita, ricordo che il fatto che fosse un violinista si collegava a qualche sua strana osservazione sulla musica che successivamente, con l'insegnante di pianoforte, non ebbi più modo di sentire. Si tratta di ricordi un po' vaghi in quanto le sue erano osservazioni forse non così importanti per quello che stavamo studiando, e poi perchè onestamente non mi erano molto chiare. Probabilmente però mi avevano incuriosito perchè da qualche parte nella testa le ho conservate e solo molto tempo più tardi me le sono ritrovate tra i miei interessi personali sulla musica.

Diceva cose del tipo: "le note sul pianoforte sono già stabilite, devi solo premere il tasto corrispondente; sul violino invece vanno costruite, non c'è scritto dove stanno, le devi cercare tu con l'orecchio". Poi aggiungeva: "lo sai per esempio che RE# e MIb in realtà non sono esattamente la stessa nota?", questa frase suona a dir poco strana se hai come riferimento la tastiera del pianoforte, dove le due note, seppur con nome diverso, corrispondono esattamente allo stesso tasto nero. Oppure in un'altra occasione se ne usciva dicendo: "anche se RE-RE# e RE#-MI li chiami entrambi semitoni in realtà sono due intervalli differenti". Infine da lui sentii usare per la prima volta (e per molto tempo l'unica) la parola comma: "l'intervallo RE-Mib (semitono diatonico) è pari a 4 comma, l'intervallo RE#-MI (semitono diatonico) è pari anch'esso a 4 comma. I corrispondenti semitoni cromatici (RE-RE# e MIb-MI) sono pari invece a 5 comma. Dunque tra RE# e MIb c'è un comma di differenza". Quest'ultima frase l'ho ricostruita a posteriori, ma sono sicuro che mi diceva una cosa del genere. Tra l'altro si tratta di un'affermazione imprecisa (perchè il comma ha una definizione diversa), anche se rende bene l'idea.

Effettivamente dietro queste oscure considerazioni c'è un pezzo di storia della musica. E' una questione troppo lunga da raccontare in un post e ha alimentato un vasto elenco di pubblicazioni di carattere sia tecnico che storico. Proprio la recente lettura di una di queste pubblicazioni mi ha riportato sull'argomento. Voglio provare a dare l'idea con poche osservazioni (un tentativo di sintesi, come mio solito).

Si può cominciare con una domanda: "come sono state scelte le note della tastiera?", o anche, "come si costruisce la scala musicale?". Ovviamente la cosa interessante di una scala musicale sono gli intervalli, non le note in sè. L'intervallo più intuitivo è sicuramente l'ottava. E' talmente "naturale" che spesso non lo si avverte nemmeno; cantare un'ottava sopra o sotto anzichè all'unisono è estremamente spontaneo, se si vogliono mettere insieme voci maschili con voci femminili o infantili. Per di più è anche molto semplice definirla in modo operativo: due suoni ad intervallo di ottava li ottengo facendo vibrare due corde dello stesso materiale ma con lunghezze che stanno tra loro nel rapporto 1/2.

Come si può andare avanti a determinare altri gradi della scala? Ad esempio usando corde con lunghezze che stanno tra loro come rapporti di numeri interi piccoli (considerazioni del genere risalgono alla scuola pitagorica). Due rapporti importanti sono 2/3 e 3/4, che corrispondono all'intervallo di quinta (DO-SOL) e di quarta (DO-FA). Poichè la frequenza del suono prodotto con corde di materiale identico è inversamente proporzionale alla lunghezza delle corde stesse possiamo dire che partendo dal DO (cioè da una frequenza qualsiasi) si ottiene il FA (la quarta della scala) moltiplicando la frequenza per 4/3, il SOL (la quinta della scala) per 3/2 e il DO superiore (l'ottava) per 2. Inoltre ci accorgiamo che il SOL divide l'ottava in una quinta (DO-SOL) e una quarta (SOL-DO), infatti 3/2*4/3=2. Analogamente il FA divide l'ottava in una quarta e una quinta.

Un modo per proseguire (non l'unico ma storicamente il primo e forse il più importante) è quello di sommare quinte su quinte riportando quello che si ottiene sulla singola ottava. Ad esempio se sommo una quinta al DO ottengo il SOL, se sommo una quinta al SOL ottengo il RE dell'ottava successiva che posso riportare sull'ottava iniziale semplicemente dividendo per due (abbassando di un'ottava la nota ottenuta): 3/2*3/2*1/2 = 9/8. Andando avanti con questo schema di calcolo si possono ottenere tutte le note della scala: DO (1) - RE (9/8) - MI (81/64) - FA (4/3) - SOL (3/2) - LA (27/16) - SI (243/128) - DO (2). Si ottengono anche i diesis e i bemolli (i tasti neri del pianoforte) che per semplicità non scrivo.

Questa procedura è piuttosto semplice e sembra risolvere il problema del calcolo della scala, inoltre fornisce implicitamente anche un metodo per accordare il pianoforte attraverso l'iterazione di quinte e di ottave. Ma non funziona! Per vederlo è sufficiente osservare che andando avanti con il cosiddetto "ciclo delle quinte" si ottengono tutte e dodici i gradi della scala del pianoforte (tasti bianchi e neri) fino a ritornare sul DO, sette ottave più in alto, che è proprio quello che ci ha permesso di calcolare tutte le frequenze. Ma è proprio vero che riottengo esattamente un DO alla fine del ciclo? Purtroppo no, come è facile vedere con il calcolo seguente: la frequenza di dodici quinte sovrapposte è pari a (3/2)^12, mentre il DO che raggiungo dovrebbe avere frequenza 2^7. Il loro rapporto non è 1 come sarebbe auspicabile, bensì 531441/524288, un po' più di 1. Tecnicamente questa discrepanza si chiama comma (pitagorico).

Mi fermo qui, ma questa piccola discrepanza (e altre simili, in parte contenute nelle considerazioni del mio insegnate di violino) è stata nel corso della storia fonte di parecchi problemi, sia teorici (come si può definire la scala?) sia pratici (come posso accordare uno strumento a tastiera senza avere "note stonate"?). Le soluzioni sono state tante, tutte chiamate genericamente "temperamenti". Su tutte ha infine prevalso la soluzione di compromesso più elegante dal punto di vista matematico e più efficacie del punto di vista pratico, costituita dal cosiddetto "temperamento equabile", con cui è stata prodotta la quasi totalità dell'immensa letteratura musicale occidentale fino ad oggi.

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