venerdì 3 dicembre 2010

Meno per meno fa più

Un giorno un mio amico mi chiese: "perchè meno per meno fa più?". Alludeva ovviamente alla nota regoletta algebrica che si impara credo alle scuole medie quando si definiscono gli interi relativi (..., -2, -1, 0, 1, 2, ...). Ammetto che sul momento non mi arrivò la provocazione della domanda. Però nei giorni seguenti ci ripensai più volte.

Il punto evidentemente è che si tratta di una regola stranota e strautilizzata che però non è così intuitiva. Dà fastidio usare una cosa così spesso senza manco darsi una spiegazione (è sicuramente quello che pensava il mio amico).

All'epoca una spiegazione me l'ero data, poi m'è passata. Il motivo per cui scrivo questo post è che mi è capitato di leggere la stessa domanda in un divertente libro di Ian Stewart, "La piccola bottega delle curiosità matematiche del professor Stewart", una tipica lettura da toilette (non so se mi spiego...).

Intanto si tratta di una definizione. Questo è importante. In matematica è consentito introdurre qualunque oggetto o regola, purchè tutto sia ben definito. Però la domanda "da dove salta fuori una regola del genere?" è legittima. Il libro fa un primo esempio, a cui all'epoca non avevo pensato, traendolo come al solito dalla contabilità. Se il mio conto in banca è di -3 euro, significa che devo alla banca 3 euro. Se il mio debito si raddoppia significa che devo alla banca 6 euro. Cioè 2 x (-3) = -6. Se la banca mi elimina gentilmente 2 debiti da 3 euro ciascuno io ho automaticamente un conto aumentato di 6 euro (come se le avessi depositate). Cioè (-2) x (-3) = 6. Quindi la regola "meno per meno fa più" nella contabilità si traduce in "cancellare dei debiti equivale a guadagnare".

Ma forse una regola algebrica deve trovare una giustificazione "interna all'algebra". La considerazione successiva che si legge nel libro è molto simile a quella che mi ero data all'epoca. Nell'insieme dei numeri relativi per ogni elemento b esiste il corrispondente elemento opposto (- b) per cui si ha b + (- b) = b - b = 0, dove lo zero è l'elemento neutro rispetto alla somma (b + 0 = b, qualunque b). L'operazione di moltiplicazione nei numeri relativi è definita in modo tale che ogni elemento, positivo o negativo, moltiplicato per zero è zero (0 x a = 0, qualunque a). Dunque (b - b) x (- a) = 0. Ma per la proprietà distributiva della moltiplicazione si ha che b x (- a) + (- b) x (- a) = 0, da cui discende che i due addendi sono l'uno l'emento opposto dell'altro. Se allora è ovvio accettare il fatto che 2 x (- 3) = -6 dovrò anche accettare che (- 2) x (- 3) = 6 in quanto questo "rende coerente" la struttura algebrica.

La matematica definisce oggetti astratti e regole di composizione su questi oggetti, e a tutto ciò si chiede semplicemente la coerenza interna. Sotto questa luce i particolari oggetti e le particolari regole non sono neanche così importanti. David Hilbert diceva: "I teoremi della geometria euclidea devono rimanere validi anche se parlano non di punti, linee e piani ma di 'tavoli, sedie e boccali di birra', sempre che questi oggetti obbediscano agli assiomi".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Prof. Rodolfo Trippetti, lei mi è stato di grandissima utilita' per le spiegazioni date circa .-
Grazie Gabriele

Unknown ha detto...

Complimenti per la spiegazione!